domenica 24 maggio 2009

Repressione cerimoniale a Cosenza

Il 15 gennaio del 2009 una "mareggiata" aveva travolto l'università  della Calabria. Gli studenti insieme ad alcuni attivisti di movimento avevano preso la parola, avevano deciso di manifestare la loro rabbia e la loro indignazione contro quello che stava avvenendo nell'aula magna.

Trecento tra studenti, ricercatori, docenti, precari e attivisti politici volevano contestare l'enorme teatrino mediatico messo in piedi dal magnifico, dalla sua corte accademica e dal solito carrozzone politico-istituzionale, in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico presenziata dal capo dello stato: Giorgio Napolitano. Ribadiamo oggi quel che affermavamo già allora: NON C'E' NIENTE DA INAUGURARE.

Era ed è¨ tuttora in atto lo smantellamento dell'università  e della ricerca libera mirato ad impedire la formazione di coscienze critiche e ad imporre la precarietà  come unica condizione di vita. L'intero Ateneo era stato sottoposto ad un ingiustificato stato di militarizzazione; le forze dell'ordine presenti (polizia, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale dello stato, polizia provinciale, vigili urbani e guardie giurate; addirittura cecchini posti sui cubi) avevano messo in piedi una occupazione dell'intero spazio universitario per impedire con la forza la minima espressione di dissenso. L'intero apparato era stato creato appositamente per evitare che gli studenti dell'onda potessero intralciare la parata, l'Ateneo infatti era accessibile a tutti i non manifestanti come ogni giorno. Quando l'onda ha tentato di percorrere il ponte Bucci in corteo cercando di arrivare nei pressi dell'Aula Magna si è creata una vera e propria zona rossa alla quale non si poteva accedere se non singolarmente e senza striscioni che erano stati vietati per l'occasione.

L'aggressione di certo non l'abbiamo commessa noi, ma chi ha dato ordini espliciti di impedire la mobilità agli studenti per evitare di creare problemi al rettore e al libero svolgimento di una manifestazione di inaugurazione indesiderata e ridicola.

Ad oltre quattro mesi di distanza dai gravi fatti sopra citati è avvenuta una nuova puntata di questa incredibile commedia: gli organi di polizia e le istituzioni hanno nuovamente aggredito il movimento facendo pervenire cinque avvisi di garanzia a 3 studenti dell'Unical e a 2 attivisti cosentini. Le accuse che vengono mosse sono quelle di resistenza a pubblico ufficiale, e radunata sediziosa. L'impianto accusatorio per chi ha vissuto quelle giornate è semplicemente ridicolo; oltre che per l'inesistenza dei reati contestati, vengono utilizzati a scopo repressivo reati risalenti al periodo fascista, (art. 18 del regio decreto del 18 giugno 1931; 655 c.p. "radunata sediziosa"). Ma di cosa ci meravigliamo? La storia della Repubblica Italia dal dopoguerra ad oggi è testimone di continue derive antidemocratiche che sottolineano l'assoluta incoerenza di uno stato che si dichiara democratico, ma continua a basarsi sul codice Rocco e su decreti risalenti al ventennio. Scriviamo quanto è successo non per esprimere vittimismo, del resto siamo coscienti che il nostro agire politico produce conflitto e porta a galla le contraddizioni di un sistema politico neoliberista basato sulle disuguaglianze sociali.

Siamo consapevoli delle conseguenze repressive create per impedirci di sognare "un mondo migliore" e RESISTERE è la nostra parola d'ordine.

Scriviamo per ristabilire la verità dei fatti, perchè vogliamo essere noi a raccontare le nostre storie e non altri. La realtà nazionale d'altronde non cambia, la repressione in questi ultimi giorni ha colpito i compagni di Milano dopo il G8 university Summit di Torino, a cui esprimiamo la massima solidarietà e colpisce ogni giorno i capri espiatori di questa crisi: i migranti, togliendo loro ogni garanzia di libertà e uguaglianza.

Nonostante il contesto nazionale e locale, l'onda calabra non si fermerà e continuerà a contrapporre alla violenza delle pratiche repressive la produzione di sapere libero e critico, indispensabile per il cambiamento e per la costruzione di idee e pratiche per un nuovo futuro. Ci appelliamo perciò alla mobilitazione ed alla solidarietà di tutti e tutte per lottare contro questo ennesimo tentativo di reprimere il dissenso di chi non ha paura di sognare.

http://www.infoaut.org/articolo/repressione-sullonda-5-avvisi-di-garanzia-a-cosenza/

sabato 16 maggio 2009

Stato di diritto o orrore di stato

Lo scorso 8 Ottobre un diciassettenne di nome Simone è stato fermato dai carabinieri, nella periferia romana, e portato in caserma perché aveva con se 3 grammi di hascish (ma con il solo principio attivo pari a 0,30 grammi, sì e no un paio di spinelli). Accusato di detenzione e spaccio, dopo pressioni fisiche e psicologiche Simone ammette le accuse, per uscire e tornare ai suoi affetti (dalla sua ragazza e dai suoi amici). Sapendo che il reato contestato prevedeva una pena inferiore ai 2 anni di reclusione e che era incensurato, Simone credeva che la pena sarebbe stata sospesa. Ma così non è stato per i suoi aguzzini che hanno continuato a recluderlo in un C.P.A. di Roma, non per reati ma per la sua condizione sociale e familiare. La valutazione non è, infatti, avvenuta su atti o irregolarità ma sulle problematiche di chi gli è attorno, in primis dell padre, con problemi legali e psichiatrici, e contestandogli gli ambienti da lui frequentati. Quindi considerandolo pregiudizialmente “instabile di mente” a dicembre viene deportato al C.P.M. di Settingiano (Catanzaro) a 600 kilometri di distanza da Roma dove viene sottoposto a terapie con l’uso di psicofarmaci e tenuto per mesi a Catanzaro, isolato e lontano dai suoi affetti. Il 23 marzo Simone viene rimessso in libertà e quindi può tornare a Roma. Una persecuzione ai danni di un minorenne che non si è ancora conclusa. Infatti il 19 Maggio in tribunale ci sarà la sentenza di primo grado dopo mesi di attesa, reclusione e deportazione. Nella prima udienza, sospesa dal giudice per effettuare una perizia psichiatrica su Simone, il P.M. aveva richiesto 5 mesi e 10 giorni di pena. Dal momento dell’arresto (8 Ottobre) ad oggi (19 Maggio) quanti mesi sono trascorsi? Molti! La persecuzione di Simone è conclusa? Di fronte a una società che produce con facilità “criminali” per mantenere grassi burocrati, giudici, psichiatri, assistenti sociali per far digerire a tutti uno stato di polizia, abbiamo qualche dubbio che questa vicenda si sia felicemente conclusa: Simone rischia un percorso terapeutico psichiatrico riabilitativo.

Noi pretendiamo Simone libero, libero di poter lavorare e studiare come sta facendo nella città in cui è nato e ha costruito le sue relazioni sociali e i suoi affetti cosa che gli è stata negata in questi mesi di reclusione. Per vedere sempre il Simone che conosciamo libero di passeggiare nella sua città senza restrizioni e marchi infamanti in questi mesi ci siamo mobilitati e abbiamo lottato. Simone ha già ampiamente pagato con questi mesi di detenzione in strutture sociali per lui (in)adeguate secondo l’imposizione data dai servizi sociali: prassi terapeutiche obbligate. Il parcheggio sociale mentalmente riabilitante. Simone deve essere libero subito!! Invitiamo tutti coloro che sbigottiti da questa vicenda singolare non sopportano la coercizione imposta da burrocrati viziati dal bigottismo catto-freudiano a solidarizzare con noi al presidio del 19 maggio davanti al Tribunale dei minori Via dei Bresciani alle ore 9:00.



LIBERI TUTTI!

SIMONE LIBERO